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Digital divide, le strategie per ridurlo in Italia

Ecco le strategie per ridurre la distanza tra chi ha accesso ed è in grado di utilizzare le nuove tecnologie e chi, al contrario, è in una situazione di svantaggio.

Il digitale è diventato uno strumento fondamentale nella vita dei cittadini. Istruzione e formazione, condivisione, discussione sono entrati ormai a far parte della realtà virtuale e passando anche attraverso la Rete. La pandemia da Covid-19 ha reso ancora più urgente la necessità di un accesso a internet per ogni lavoratore o studente, in Italia e nel Mondo. Ma non in tutti i casi la transizione al digitale è stata facile o possibile, perché non in tutti i Paesi e in tutte le famiglie la connessione è stata possibile allo stesso modo e gli strumenti reperibili nella stessa maniera. Qualcuno, quindi, è rimasto escluso da questo meccanismo, per mancanza di mezzi o di competenze e tra i diversi Paesi e anche tra i singoli individui si è venuto a creare il digital divide.

Che cos’è il digital divide?

Con digital divide, cioè divario digitale, si indica la distanza esistente tra chi ha accesso alle tecnologie digitali, come computer e rete internet, e chi ne è escluso. Non solo. Esiste anche un divario digitale di secondo livello, che si manifesta nei paesi avanzati, che hanno superato quasi del tutto il problema dell’accesso alla Rete: in questi casi, si apre un diverso divario, che riguarda le competenze di fruizione dei singoli individui. Il digital divide indica, quindi, sia la differenza nell’accesso alle tecnologie, che quella nelle competenze specifiche necessarie ad usare le tecnologie.

Il digital divide può essere usato per riferirsi sia al divario tra diverse persone di una stessa area geografica, sia alle differenze tra regioni o paesi di uno stesso Stato, che tra Nazioni. In generale, come spiega Agenda Digitale, è possibile distinguere il digital divide in tre tipologie:

  1. Globale: indica le differenze esistenti tra i diversi Paesi del Mondo, da quelli più a quelli meno sviluppati;
  2. Sociale: si riferisce alle discrepanze interne ai singoli Paesi;
  3. Democratico: riguarda le disuguaglianze di partecipazione alla vita politica e sociale da parte degli individui di un Paese, in base all’uso consapevole delle nuove tecnologie.

Le categorie che risentono maggiormente della distanza digitale e rischiano di rimanere esclusi dalle nuove tecnologie, ci sono gli anziani, le donne che vivono in particolari condizioni o in determinate culture, gli immigrati, le persone con disabilità e tutti gli individui con un basso livello di istruzione, se questo genera l’impossibilità a sviluppare le competenze necessarie all’utilizzo di strumenti informatici.

Il termine digital divide entrò nell’uso comune alla fine del Novecento, grazie al presidente americano Bill Clinton, che lo utilizzò in un discorso, sottolineando la disparità di accesso alle tecnologie tra la popolazione, auspicando “che i nostri figli non siano mai separati da un divario digitale”. Pochi anni dopo, nel gennaio del 2000, il tema del digital divide iniziò a riguardare tutto il Mondo: a Davos, durante l’incontro del World Economic Forum, in molti sottolineano il problema della disuguaglianza generata da una disparità di diffusione tecnologica e la necessità di superare questo nuovo divario.

Le cause del divario digitale

Le cause che possono generare il divario digitale sono di diverso tipo e comprendono motivazioni economiche, sociali, di genere, di etnia e provenienza geografica. In generale, una delle cause principali è di carattere economico: spesso, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, una fetta della popolazione non può accedere alle tecnologie per motivi di reddito, perché alcune famiglie o individui non possono permettersi di acquistare un computer o pagare un abbonamento a Internet. Nonostante quella economica sia una delle spiegazioni possibili al digital divide, bisogna tener conto di altri fattori che possono contribuire, se non a generare, almeno a far crescere le distanze tra chi usa il digitale e chi non ne accede:

  • Assenza di infrastrutture adeguate, che permettano agli utenti di navigare in modo veloce ed efficace. In alcuni casi sono assenti o non sufficienti anche infrastrutture di base, come la linea del telefono, mentre in altri casi ad essere carenti sono infrastrutture avanzate, che migliorerebbero l’accessibilità al digitale. Non tutte le aree geografiche, per esempio, dispongono di una rete telefonica completa ed efficace, mentre in altre, dotate di infrastrutture di base non è ancora presente la banda larga.
  • Analfabetismo informatico della popolazione, sia relativamente all’uso dei supporti, sia a quello della Rete. Molti utenti, soprattutto di generazioni più avanzate, non hanno sviluppato le competenze necessarie per avere accesso al digitale.
  • Differenze di età, genere ed etnia, che possono contribuire ad acuire gli squilibri del digital divide.

A prescindere dal tipo di divario e dalle cause che lo hanno generato, il suo effetto è negativo per chi lo subisce, che viene escluso da un importante aspetto della società contemporanea. L’esclusione dal digitale presuppone la perdita dei vantaggi che questo offre, generando un danno sociale ed economico alle persone che non ne hanno accesso e generando (o aggravando) la disuguaglianza dei diritti tra persone e popoli con diverse possibilità e competenze in ambito digitale.

La situazione in Italia

Per valutare la situazione relativa alla digitalizzazione in Italia, soprattutto in conseguenza all’emergenza sanitaria legata al Covid-19, l’Istat ha stilato il rapporto 2020 sul Benessere equo e sostenibile (BES), che analizza la situazione in Italia, con particolare attenzione alla propensione della popolazione verso la digitalizzazione. Per evidenziare l’eventuale divario digitale, l’Istat ha utilizzato indicatori come la disponibilità in famiglia di almeno un computer e della connessione a Internet, così da valutarne l’effettivo utilizzo. Quello che emerge dal rapporto è un aumento dell’uso delle tecnologie digitali, anche in conseguenza della pandemia, ma con diversi ritmi a seconda dell’età e del genere degli individui e dell’area in cui si vive. Sono queste diversità a generare il digital divide italiano. Lo svantaggio permane nel Mezzogiorno, tra le donne e tra i più anziani.

Secondo il rapporto, in Italia sono presenti differenze di carattere geografico, che vedono il Mezzogiorno maggiormente svantaggiato in ambito digitale: nel 2020, il gap tra Nord e Sud era di circa 10 punti percentuale, data la minor disponibilità di device adeguati e connessioni efficienti nella parte meridionale del Paese. I forti divari tra Centro-Nord e Mezzogiorno sono, secondo il BES, una delle cause del costante ritardo dell’Italia rispetto alla media dei Paesi UE.

Un altro fattore di differenza viene individuato nel genere degli individui. In generale, infatti “la propensione all’uso di internet da parte delle donne si è avvicinata a quella degli uomini”, ma in determinate fasce di età lo svantaggio delle donne è più elevato, dimostrando un divario di genere a favore degli uomini, che caratterizza la digitalizzazione. In particolare, la percentuale femminile rimane bassa per le persone con più di 75 anni, mentre il divario è minore tra i giovani e i giovanissimi.

Il digital divide varia anche a seconda delle diverse fasce di età: quasi la totalità dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni, infatti, naviga in rete, ma la percentuale si abbassa sensibilmente negli individui di 60-64 e 65-74 anni. Inoltre, un fattore da tenere in considerazione è anche il livello di istruzione degli individui. Secondo il rapporto, infatti, a seconda del livello di istruzione cambiano le competenze e le capacità di accesso alla Rete. In generale, nel 2019, poco più della metà degli occupati tra i 25-64 anni aveva competenze digitali (di base o elevate), un dato che rappresenta una differenza di 15 punti percentuali rispetto alla media europea. Questo, spiega il rapporto, “conferma che il nostro Paese è ancora caratterizzato da un divario digitale di primo livello legato all’accesso”.

Un quadro simile è stato offerto dall’edizione 2022 dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), che ha collocato l’Italia al 18° posto tra i 27 Stati membri dell’Unione Europea. “Dagli indicatori di quest'anno- si legge nel rapporto- emerge che l'Italia sta colmando il divario rispetto all'Unione europea in fatto di competenze digitali di base”. Tuttavia, la situazione non è positiva dal punto di vista del capitale umano, dove l’Italia si colloca al 25° posto: “Otre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base” e, nonostante il 46 % delle persone abbia almeno competenze digitali di base, il nostro Paese si colloca al di sotto della media UE, pari al 54 %. Questi dati evidenziano il divario italiano rispetto alla media della digitalizzazione europea.

Come combattere il digital divide

Il divario digitale può essere quindi causato o acuito da diversi fattori. Ma come fare per combatterlo? Ogni Paese, nel tempo, ha messo in atto le proprie strategie nazionali, per cercare di ridurre le differenze tra chi ha accesso alle tecnologie digitali e piene competenze e chi, al contrario, si trova in una situazione di svantaggio.

L’Italia, in merito, ha adottato una Strategia nazionale per le competenze digitali, realizzata nell’ambito di Repubblica Digitale del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e attuata attraverso il Piano Operativo. Essa delinea gli obiettivi da perseguire per eliminare entro il 2025 il gap attuale con altri Paesi europei simili all’Italia, così da rendere il digitale una “opportunità reale di crescita sociale ed economica per tutti e tutte, abbattendo l’analfabetismo digitale e sviluppando un percorso necessario di cambiamento culturale in tutti i settori della società”.

In particolare, la Strategia italiana intende intervenire in quattro ambiti:

  1. Istruzione e formazione superiore;
  2. Settore lavorativo;
  3. Competenze specifiche ICT;
  4. Cittadini.

I principali obiettivi che l’Italia dovrebbe raggiungere entro il 2025, secondo il Piano Operativo per le Competenze Digitali sono i seguenti:

  1. Elevare al 70% la quota della popolazione con competenze digitali di base;
  2. Duplicare la popolazione con competenze digitali avanzate;
  3. Triplicare i laureati in ICT ;
  4. Incrementare del 50% la quota di PMI che si servono di specialisti ICT;
  5. Quintuplicare la percentuale di persone che usano servizi pubblici digitali, raggiungendo il 64%.

Altri interventi sono invece di carattere più pratico, dalla concessione di incentivi economici, che possono aiutare ad attivare il collegamento a Internet o ad acquistare device adeguati, allo sviluppo di infrastrutture adeguate alla diffusione della Rete a banda ultra-larga, con una velocità elevata di connessione. In questo modo, si punta a garantire ai cittadini una copertura completa, così da ridurre, fino ad eliminare il digital divide, in tempi in cui l’accesso alle nuove tecnologie è diventato fondamentale in quasi tutti gli ambiti della vita.


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