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Nelle PMI italiane lavoratori anziani e poco formati

La maggior parte delle PMI italiane fa poca formazione, poco mirata e solo se obbligatoria. È quello che emerge dall’ultima indagine INAPP

Nonostante sia un dato ormai conclamato che la formazione rappresenti un volano per la crescita e la competitività aziendale, le imprese italiane (specie quelle più piccole) continuano a non organizzare corsi di formazione per i propri dipendenti. È questa la fotografia che emerge dall’indagine Indaco Imprese condotta da INAPP (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche) sullo stato della formazione nelle aziende, che ha coinvolto oltre 20mila imprese.


I dati sulla formazione nelle imprese europee

L’indagine di INAPP parte dall’analisi dell’impatto dell’emergenza Covid sulla formazione continua delle imprese europee.

I dati confermano che, a livello europeo, la pandemia ha causato una significativa riduzione del tasso medio di partecipazione a programmi di formazione aziendale: si è infatti passati dal 10,8% del 2019 al 9,2% del 2020, ma l’impatto è stato più forte nei Paesi in via di sviluppo. In Italia, ad esempio, il tasso di partecipazione alla formazione è sceso al 7,2% nel 2020 (-0,9% rispetto al 2019) tornando ai valori del 2015.

Solo nel 2021 il trend è tornato in salita, con la media europea che si assesta al 10,8% e quella italiana al 9,9%.


I dati sulla formazione nelle imprese italiane

L’indagine si è poi concentrata sulla situazione delle aziende italiane, confermando una carenza di formazione strutturata soprattutto nelle microimprese: solo il 56,7%, organizza corsi di formazione per i propri dipendenti. Una percentuale significativamente minore rispetto al 94,1% registrato per le grandi aziende.

Dunque, buona parte delle PMI non è consapevole dei vantaggi prodotti da un investimento regolare e sistematico nella formazione continua e la considera esclusivamente un adempimento normativo.

Per quanto riguarda le aree tematiche, infatti, l’84,5% dei corsi offerti dalle microimprese è legato a un obbligo di legge. Solo il 32,5% delle aziende fornisce corsi di formazione su specifiche tecniche e tecnologie di produzione/servizio.

Spesso le aziende coinvolgono nei corsi solo una parte del personale trascurando i lavoratori poco qualificati, che avrebbero invece maggiormente bisogno di aggiornamento e sviluppo delle competenze.

Le aziende italiane fanno fatica anche a cogliere le opportunità legate ai finanziamenti messi a disposizione per la formazione: l’81,5% delle imprese non ha mai sentito parlare del Fondo per le nuove competenze (FNC), il 13% ha scelto di non avvalersene e solo il 4,8% delle imprese ha deciso di presentare un progetto di formazione finanziato dal Fondo.

Allo stesso tempo, l'indice di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra la popolazione di almeno 65 anni e la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) resta in Italia tra i più alti in Europa (37%). Ciò significa che i lavoratori invecchiano e con loro anche le competenze interne alle aziende.


Le opportunità per le aziende

L'impatto della pandemia ha stimolato nuove riflessioni sulla ripresa economica, la ricostruzione e la costruzione della resilienza delle PMI in Europa.

Le imprese sono oggi chiamate a competere nell’era digitale, nella quale, a causa delle profonde trasformazioni tecnologiche dei processi produttivi e a causa della comparsa di nuovi beni e nuovi servizi nonché di nuovi concorrenti, sono necessari programmi di sostegno alla formazione, al reskilling e all’upskilling di tutto il personale anche, e soprattutto, nelle PMI.

Una delle prime azioni adottate durante il periodo di emergenza è stata l'iniziativa lanciata dalla Commissione europea nell'aprile 2020 (Recovery Fund), con un'attenzione particolare alla formazione, compresa la formazione dei lavoratori a rischio di perdita del posto di lavoro.

Successivamente, la Commissione europea ha lanciato un nuovo Piano d'azione per l'istruzione digitale, invitando gli Stati membri a basarsi sull'esperienza dell'emergenza per sviluppare una formazione più orientata sulle competenze digitali.

“L’Anno Europeo delle competenze, inaugurato a maggio dalla Commissione Europea e coordinato in Italia dal nostro Istituto – spiega Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP - può supportare lo sviluppo delle competenze dei lavoratori, in particolare attraverso tre direttrici: promuovendo investimenti nella formazione e nella riqualificazione; garantendo la coerenza delle competenze dei lavoratori rispetto ai bisogni del mercato del lavoro; assicurando la corrispondenza tra aspirazioni e competenze dei cittadini con le opportunità offerte dal mercato del lavoro, in particolare nei settori coinvolti nelle transizioni verde e digitale e impegnati nella ripresa economica”.


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