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Smart working e formazione: le sfide HR del 2021

Potenziamento del lavoro agile e formazione digitale: sono queste le principali sfide che il settore HR dovrà affrontare nel corso del 2021

L’emergenza covid-19 ha profondamente mutato il ruolo e le responsabilità dei professionisti HR. A dirlo, una ricerca dell’Osservatorio HR Practice Innovation del PoliMi condotta su un campione di 215 grandi aziende.

Secondo i dati raccolti, il 73% dei responsabili Risorse Umane intervistati ritiene che il proprio ruolo sia diventato più strategico. Nel corso del 2020, infatti, i reparti HR hanno dovuto occuparsi sia della gestione operativa dell’emergenza, sia di avviare cambiamenti più profondi e duraturi legati, ad esempio, all’adozione dello smart working e alla necessità di ripensare agli ambienti di lavoro come spazi inclusivi e stimolanti anche in modalità virtuale.

D’altronde, nonostante il 2020 abbia visto un utilizzo su larga scala dello smart working, sono ancora poche le aziende che hanno avviato modelli organizzativi agili. Secondo il 45% degli HR intervistati, infatti, il consolidamento dello smart working sarà la principale sfida in ambito risorse umane del 2021, seguita dalla riqualificazione della forza lavoro (42%) e dallo sviluppo di cultura e competenze digitali (38%).

Le sfide HR

La pandemia ha costretto il 35% dei lavoratori ad acquisire nuove competenze per adattarsi alle nuove modalità di lavoro. Sette lavoratori su dieci pensano che, a causa della digitalizzazione e dei nuovi modelli lavorativi, nei prossimi due anni dovranno aggiornare le proprie competenze per continuare a svolgere la propria mansione.

Dal canto loro, le imprese hanno accelerato gli investimenti digitali, con particolare attenzione ai progetti di formazione, comunicazione e gestione del clima aziendale.

Quello che emerge, tuttavia, è che, a oltre un anno dall’inizio della pandemia, le aziende necessitano ancora di un salto di competenze che consenta di superare la semplice “gestione del personale” per adottare un modello in grado di trasformare positivamente l’esperienza aziendale e aumentare il coinvolgimento dei lavoratori nei processi HR.

Il protrarsi della pandemia e del lavoro da remoto forzato ha infatti avuto un forte impatto sul benessere psico-fisico dei lavoratori: il 25% lamenta un forte calo del senso di appartenenza e il 23% segnala una riduzione delle relazioni interpersonali in ambito lavorativo soprattutto con altri team di lavoro. Nel complesso è inoltre diminuita la percentuale di persone che si sentono “ingaggiate” o “pienamente ingaggiate”.

Per stimolare l’engagement dei lavoratori è dunque necessario ridisegnarne l’esperienza aziendale, coinvolgendo maggiormente le persone nelle decisioni aziendali. Come? Ad esempio, lavorando sul performance management, cioè la comunicazione trasparente delle informazioni relative a retribuzioni, obiettivi raggiunti e coinvolgimento delle persone nella definizione dei propri obiettivi individuali. Solo il 14% delle organizzazioni, però, è maturo su questi aspetti in tutti i processi HR.

Un altro aspetto su cui investire riguarda l’utilizzo delle tecnologie digitali e dei dati per il supporto alla presa di decisioni. Nelle Direzioni HR manca tuttavia una cultura data-driven, con appena il 15% che misura l’impatto delle proprie pratiche sul business. Le principali barriere all’impiego dei dati sono la mancanza di un processo standardizzato di raccolta dei dati sui processi HR (61%), la scarsa integrazione dei sistemi informatici (41%) e la bassa consapevolezza dei benefici da parte del management (29%).

Gli strumenti digitali a supporto dei processi HR sono comunque aumentati rispetto all’anno precedente: sono cresciuti o saranno introdotti nei prossimi mesi gli strumenti per il monitoraggio delle performance dei lavoratori (77%), i software per le video interviste ai candidati (53%) e le app per l’inserimento in azienda (63%).


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